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Siria. Si infittisce il giallo della blogger lesbica Amina Arraf
(ASI) Negli ultimi due giorni i media internazionali riprendevano una notizia iniziata a circolare con insistenza ma della quale si ignora la fonte: un commando armato e composto da tre uomini a volto coperto avrebbe rapito nella notte tra lunedì e martedì scorsi, in pieno centro di Damasco, una tale Amina Arraf, blogger siriana dichiaratamente omosessuale che - si è detto e scritto - sarebbe sgradita al Presidente Bashar Al-Assad.
Prima di esser costretta dal commando a salire a bordo di un'auto dell'azienda romena Dacia - su un cui finestrino campeggiava un adesivo con il ritratto del Presidente (mossa non propriamente strategica da parte di uomini che, si presume stando ai passamontagna, volevano nascondere la propria identità) - Amina Arraf sarebbe riuscita a gridare all'indirizzo del padre (anche se altri media sostengono di un amico), il quale avrebbe poi dato l'allarme.
La vicenda inizia in queste ore, tuttavia, ad assumere sempre più i contorni di un giallo, alimentando dubbi sulla veridicità del rapimento e persino dell'esistenza di questa giovane dissidente anti-Assad. Andy Carvin, giornalista della National Public Radio statunitense ed esperto di Internet, sospetta che nessuno di quelli che hanno scritto del caso abbia mai conosciuto la blogger o l'abbia intervistata. Egli ha chiesto a tutti i suoi contatti su Twitter (quasi 50 mila, tra i quali molti professionisti dell'informazione) se qualcuno l'avesse mai conosciuta di persona, ottenendone solo risposte negative. Inoltre, l'unica persona - sedicente amica di Amina Arraf - intervistata da alcuni organi di informazione (Times, BBC e Al Jazeera), di nome Sandra Bagaria, ha voluto precisare di aver avuto con la donna esclusivamente contatti tramite posta elettronica (l'importante dettaglio non era emerso in precedenza).
Ad infittire il caso, le dichiarazioni alla stampa di un pubblicitario inglese, Julius Just, per informare che la ragazza ritratta nelle foto uscite sui giornali non è Amina Arraf, bensì la sua ex moglie: Jelena Lecic. La stessa donna ha contattato il suo ex marito quando ha sfogliato i giornali, pregandolo di intervenire per sciogliere l'equivoco. "Voglio solo specificare che quella donna ritratta nelle foto sono io", le dichiarazioni di Jelena Lecic, che ha inoltre sottolineato che quelle immagini erano contenute nella sua utenza Facebook. Inspiegabilmente, quelle stesse foto sono poi apparse sulla pagina Facebook di Amina, qualche ora dopo il presunto rapimento di cui sarebbe stata vittima. E' proprio da qui, infatti, che il Guardian (primo mezzo stampa a farle circolare) pare abbia preso le discusse foto.
Un altro caso di macchinazione mediatica occidentale applicata nei turbolenti territori del Medio Oriente? Cui prodest?

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